Chi mi conosce sa che non sono un tipo da resort. Se viaggio devo poter tornare a casa arricchita dall’incontro con modi di vivere diversi dal mio e con gli occhi pieni di paesaggi diversi da quello in cui vivo.
Visitare le Maldive così è possibile ed è anche un modo per permettere alle persone del luogo, e non alle grandi compagnie estere, di trarre guadagno dal turismo.
Con mio marito e family siamo stati ospiti in una bella casa locale a Dhangethi, un’isola che inizia, da quando nel 2008 il governo lo ha concesso, a vivere anche di turismo.
Naadey ci ha accolto nella sua piccola Guest-House, una tipica casa maldiviana con solo 3 camere che si affacciano su un patio pieno di piante.
Sané, Nasim e Sambo ci hanno portato in giro su una barca a motore, giusta per ospitare noi 5 e 2 di loro che alternandosi erano sempre al nostro fianco.
Abbiamo fatto snorkeling su fondali ancora ricchissimi di flora e fauna marina (che mi hanno riportato a quando bambina, con la maschera, abbracciavo le spalle allora forti del mio papà mentre si immergeva per mostrarmi i fondali marini ischitani ormai purtroppo molto impoveriti da inquinamento e incuria…).
Di sera, quando la temperatura diventa più mite, il villaggio inizia a vivere, le persone escono dalle case e passeggiano per le vie, rigorosamente non pavimentate, del piccolo centro abitato dell’isola.
Abbiamo visto le donne, fuori delle loro case, disporre a seccare peperoncini e filetti di tonno, creare balle di foglie di palma secche o aprire le noci maldiviane.
Abbiamo visto il falegname intento a costruire letti nella sua bottega, il meccanico che aiutato dal suo bambino sistemava un motorino.
La sera, verso le 22, vedi le persone che vanno a fare la spesa nelle 2 botteghe alimentari presenti e restano lungo la strada a chiacchierare, seduti sulle tipiche sedie fatte con i tubi degli impianti idraulici e le reti dei pescatori.
I più giovani la sera giocano a calcio, a pallavolo oppure si allenano nella piccola palestra. Ed anche Edo, il più piccolo dei miei figli, diverse sere è rimasto a giocare con i ragazzini maldiviani.
Con Naadey abbiamo avuto la fortuna di poter visitare il cantiere nautico che ancora oggi dà lavoro alla maggior parte degli isolani.
I Maldiviani sono conosciuti nel mondo per la loro abilità nel prendere barche che in Europa, Oceania e America sono considerate da buttare, modificarle, ripararle e dare loro una nuova vita.
Abbiamo visto il desalinatore, che permette a questa piccola isola di avere acqua dolce ma che, aimè, è alimentato a gasolio……
Abbiamo visto una popolazione di circa 400 anime che su un’isola di meno di 900 metri si muovono perlomeno con 200 motorini…..
Il ragazzo che serviva ai tavoli del ristorantino dove ogni sera cenavamo era indiano, Milan. Dopo la seconda sera ci ha fatto trovare sempre lo stesso tavolo sul mare pronto, quasi come a casa.
Tutto questo scandito dalla preghiera mussulmana che 5 volte al giorno veniva diffusa via altoparlante su tutta l’isola da una delle 3 moschee ( 900 mt di isola e 3 moschee…. Quasi la stessa densità di chiese presenti sul territorio romano o napoletano…).
Ovviamente visitare le Maldive così significa anche saper rispettare il modo di vivere e le regole locali.
Malgrado il caldo non si può stare in costume se non sul piccolo tratto di spiaggia
destinato ai turisti e per la strada ci si muove sempre con le spalle e le gambe coperte fino al ginocchio.
Sulle spiagge puoi fare il bagno con maglietta e pantaloncini e solo nel tratto di spiaggia dedicato ai turisti puoi stare tranquillamente in costume.
Abbiamo pescato di notte, passato mezza giornata su una lingua di mare tutta per noi e fatto il bagno con tartarughe marine, mante giganti e Squalo Balena.
I delfini ci hanno accompagnato scortando la barca, cantando e saltando per noi.
Insomma, siamo tornati con gli occhi pieni di meraviglia e il cuore pieno di emozioni.
Un viaggio che rifarei subito.